sabato 3 novembre 2007

Hopkins vs Gosling - Recensione de Il caso Thomas Crawford



Signore e signori Hannibal è tornato. Lasciatemelo dire, se Il caso Thomas Crawford fosse stato un filmaccio sarebbe comunque valsa la pena di vederlo per (ri)gustarsi l’immagine di un mefistofelico Hopkins che, vestito da detenuto, ghigna dietro le sbarre.
A parte le evocazioni anni ’90, questo è un film che si ritaglia di diritto un comodo spazio tra i migliori legal thriller del 2007. D’altronde il regista texano Gregory Hoblit ci aveva già deliziato con un classico del genere 10 anni fa, Schegge di paura, film che lanciò Ed Norton nell’olimpo hollywoodiano.
L’idea è piuttosto banale. Un uomo ricchissimo (Anthony Hopkins) tenta di uccidere la moglie dopo averne scoperto il tradimento. Architetta il tutto in modo da rendersi però inattaccabile, benché colto quasi in flagrante. A questo punto ingaggia uno scontro psicologico, e non solo, con il rappresentante della pubblica accusa, un giovane avvocato in ascesa (Ryan Gosling) che sta per lasciare l’ufficio del procuratore distrettuale per andare ad occupare un posto in un prestigioso studio di ‘squali’. In pratica la sua ultima ‘buona azione’.
Ciò che rende assolutamente avvincente il film è la presenza di ben due personaggi solidi, entrambi dotati di un’intensità che un solo protagonista può avere nella maggior parte dei film. Il 70enne gallese Hopkins si conferma come l’icona cattiva del cinema thriller d’oltreoceano. È un piacere vederlo farsi beffa della giustizia e del ‘benpensare’ con quell’immancabile vena di gelida irrazionalità che i suoi occhi cerulei irradiano. Dall’altra parte il 27enne Gosling si conferma ad altissimi livelli interpretativi, dopo la nomination agli Oscar 2007 per Half Nelson (inedito da noi). Questo ragazzo canadese si sta facendo largo ad Hollywood con una velocità impressionante, il suo è un talento cristallino e se ne stanno accorgendo un po’ tutti ormai.
Lo scontro tra i due dà significato a tutto il film, che altrimenti sarebbe stato uno dei tanti. Avvincente perché ben girato, con pochi tempi morti e una modesta dose di imprevedibilità. Le musiche, soprattutto nelle prime scene, ti inscatolano in un’ interminabile attesa di un qualche delittuoso evento. Il contorno del film, vedi resto del cast e le cosiddette scene secondarie, non è un granchè.
La sceneggiatura è azzeccata. Ti spiattella subito lì il delitto, troppo facile. Scena dopo scena però ti accorgi che non tutto è come poteva sembrare. Che il miliardario spietato e sadico si difende da solo, senza l’ausilio di legali. Che il baby procuratore invincibile pecca di presunzione nel suo ultimo caso dalla parte ‘buona’ della barricata.
A margine della storia un accenno all’eutanasia, legale in California dove il tutto si svolge.
Tirando le somme direi che questo è un film non eccelso, però interessante. Sicuramente una perla in questo mare di qualunquismo e omologazione in cui sta affogando il thriller made in Hollywood.


VOTO: 75/100

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