lunedì 9 giugno 2008

Recensione di Lower City - Un ménage a trois tra le favelas brasiliane

Machado ci racconta la storia di un triangolo amoroso, questa volta ambientata nei vicoli sudici e negli strip-bar poco raccomandabili di Salvador do Bahia, città natale del regista. I tre amanti sono un piccolo criminale squattrinato, un pugile fallito e una prostituta. Tra i due c’è un’amicizia viscerale che li lega dall’infanzia, ma la sintonia si spezza inevitabilmente quando entrambi s’innamorano di lei. Lei intanto tiene il piede in due staffe, e la sua indecisione, o meglio la sua voglia di non scegliere, crea situazioni promiscue ed ambigue.
La Parigi di Jules e Jim e The dreamers è ben lontana, e di conseguenza il triangolo qui assume connotati completamente diversi. Per i due amici, quasi fratelli, la donna contesa diventa un pretesto per lasciare lo squallore in cui sono cresciuti, non un motivo di trasgressione o di protesta indirizzata ad una società troppo bacchettona. Un motivo di rivalsa ed emancipazione nei confronti di un ambiente insostenibile, in quale il futuro dei due sembra convergere inesorabilmente verso un vicolo cieco.Machado pecca nel proporci un’immagine del Brasile troppo stereotipata, fannulloni e puttane non vengono scavati a fondo, ma disegnati con superficialità. La femme fatale si spoglia un po’ per guadagnarsi da vivere, un po’ per scelta, ma non si sveste mai del suo ruolo per diventare donna, nemmeno quando scopre di essere incinta. Così facendo la storia risulta decisamente prevedibile ed anche un po’ tediosa. Lo stallo deriva anche dall’asciuttezza eccessiva di una sceneggiatura per di più debole.Il cineasta lavora, e bene, soprattutto sull’immagine e sulla forma, la pellicola è ben girata, i lunghi silenzi a tratti affascinano e coinvolgono, e l’immaginifico tipico del ménage à trois viene reso alla grande, però la mancanza di una storia forte su cui appoggiarsi si sente ancora troppo. La strada imboccata è quella giusta, ma la base su cui costruire un film troppo inconsistente. Molti elementi vengono solo sfiorati, risultando così superflui e non dando alcun contributo all’opera.Le interpretazioni del cast stesso, forse anche per la debolezza dei personaggi, stentano a decollare per tutta la durata. Il promettente astro brasiliano Wagner Moura, di cui sentiremo parlare, fa un passo indietro confronto all’ottima interpretazione in Tropa de elite, Orso d’Oro a Berlino 2008; anche Alice Braga, splendida in City of God, risulta intensa sì, ma anche troppo, dando una forma bidimensionale al suo personaggio davvero piatto.
In conclusione consigliamo la visione di Ciudade Baixa esclusivamente per l’ambientazione ben ricostruita del suburbano del Sud del Brasile e per alcune sensazioni particolarmente coinvolgenti che il film trasmette attraverso l’accostamento di immagini, per il resto la pellicola si ferma ben poco oltre la sufficienza.

VOTO 65/100
Tommaso Ranchino


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