mercoledì 16 gennaio 2008

L’allegra tristezza dei depressi Savage - Recensione de La Famiglia Savage



Jon e Wendy Savage sono due fratelli che non si vedono mai, impelagati come sono nelle loro esistenze da intellettuali depressi con due vite private a dir poco squallide. La demenza senile galoppante del padre li porta a riavvicinarsi e a convivere per un periodo a Buffalo, nella casa di Jon. Da qui partirà la ricerca di una sistemazione decorosa per il padre e anche di un rapporto fraterno ormai assopito.
Tamara Jenkins, regista e autrice del film, delinea sapientemente un malinconico ritratto di una famiglia disincantata e in profonda crisi esistenziale. Le immagini natalizie di famigliole felici e nonni travestiti da Santa Claus sono lontane.
Wendy (Laura Linney) è una scrittrice (fallita) di commedie teatrali che vivacchia tra richieste di borse di studio assurde ed uno squallido menage con un uomo sposato in piena crisi di mezz’età. Jon (Philip Seymour Hoffman) invece è un professore universitario cinico e diretto che sforna a raffica saggi su Bertolt Brecht, vivendo una grigia routine.
Il tutto si svolge in rapida successione e la pellicola si barcamena egregiamente tra il dramma esistenziale e la raffinata commedia. La riuscitissima colonna sonora di Stephen Trask, ingrediente fondamentale in un progetto del genere, si snoda in completa simbiosi con i fotogrammi. L’occhio ispirato dell’autrice e la marcata introspettività del film portano a riflessioni profonde e sincere; tematiche come l’assenza paterna, la solitudine, la demenza senile, l’amore e la morte vengono accarezzate per tutta la durata del film lasciando immagini scabrose ed esilaranti al tempo stesso. Quando il dramma sembra prendere il sopravvento ecco che i toni si ammorbidiscono tra ironia e sarcasmo.
La gestione del cast artistico da parte della Jenkins è davvero esemplare: i personaggi sono la forza motrice di tutto lo schema narrativo ed ogni attore può ritagliarsi il proprio spazio scena dopo scena e, nonostante gli occhi siano tutti per Philip Seymour Hoffman, l’arruffato più talentuoso dell’intera Hollywood, Laura Linney brilla di luce propria grazie a un’interpretazione coinvolgente e sentita. I minuti passano e lo spettatore ha una sempre maggiore consapevolezza delle sensazioni dei protagonisti. Il non detto è più rumoroso di quello che i fratelli si dicono. L’uso smisurato degli antidepressivi e le manie dei due creano dei duetti comici di rara sottigliezza.
Il difficile ruolo del padre è reso credibile e multisfaccettato dall’interpretazione ben ritmata del caratterista Philip Bosco, un 78enne che ha consumato la propria vita artistica tra i palchi di Broadway ricevendo ben sei nomination ai Tony Awards.
Il tutto è condito da alcuni surreali spot di case per anziani, visionati dai Savage durante le loro ricerche, che accentuano (e criticano) l’incolmabile distanza che il mondo della pubblicità ha dalla vita reale e che ci presentano gli ospizi più raffinati come un triste escamotage per alleggerire le coscienze dei figli.
Il plot porta ad una graduale crescita interiore dei fratelli, la cui convivenza sembrerà poi essere servita ad ognuno dei due per superare le paure che una prolungata solitudine mette addosso. Il finale poi è quanto di più plausibile ci si possa aspettare da un film così ben riuscito.
In conclusione La famiglia Savage è uno splendido affresco sulle inquietudini della vita che conquista e, avvalendosi di una maniacale ricercatezza, emoziona uscendo dai canoni stereotipati del cinema drammatico o della commedia impegnata.


Voto 78/100

1 commento:

Valentina Ariete ha detto...

Dai che quest'anno Laura Linney vince l'Oscar!

Valentina