martedì 24 giugno 2008

Recensione di Boogeyman 2 - Tornano gli horror da ombrellone




Torna l’estate, la stagione che tutti aspettano: il bel tempo, il mare, il dolce far nulla e la voglia di nuove esperienze. Per noi cinefili, ahimè, la musica è diversa. Proprio mentre la stagione si fa bella, le uscite in sala s’intristiscono e si sgonfiano esageratamente. Boogeyman 2 entra a pieno titolo in questo grigiume generale: le sale si riempiono di horror di serie b, ed eccone uno.
La storia è presto detta: due fratelli hanno assistito ancora piccoli al duplice omicidio dei genitori, per mano, a detta loro, dell’uomo nero (boogeyman in inglese per l’appunto). Da lì non si sono più ripresi, perseguitati dalla loro ossessione per il buio e per chi nel buio ci si nasconde. Compiuti i 18 anni la sorella minore si rinchiude, prendendo il posto del fratello ‘guarito’, in una sorta di casa di cura contro ogni ossessione o fobia per ragazzini spocchiosi e viziatelli. Proprio in questo scenario claustrofobizzante dovrà fare i conti con le proprie angosce in una notte di sangue e terrore.
L’animus dell’opera è quello di affrontare, in modo semplicistico ed infantile, le paure che ci opprimono. Studiarne la genesi. Trovare un modo per affrontarle, ed infine, forse, debellarle.
Il regista Jeff Betancourt, al suo primo lungometraggio dopo aver curato l’edizione di The grudge (1 e 2) e The exorcism of Emily Rose, ci regala un film prettamente di genere, che strizza l’occhio a capisaldi dell’industria thriller-horror di ieri e di oggi: Saw (vedi la presenza dell’enigmistico Tobin Bell e di registratori nascosti), Nightmare, Scream e, nell’intenzione, tutto quel filone giovanilistico che negli ultimi anni ha cavalcato quest’onda lunga.
Nonostante gli illustri riferimenti, la storia non avvince. La dipartita degli ‘internati’ è troppo rapida, e proprio per questo motivo l’intreccio sembra accasciarsi su sé stesso. I rapporti interpersonali tra i personaggi sono fragili impalcature su cui poggiare i tediosi intervalli tra un omicidio e l’altro. Detta in soldoni, la sceneggiatura di Brian Sieve, che sta già scrivendo Boogeyman 3, non regge la struttura narrativa, non crea quelle aspettative che dovrebbe.
La parziale non riuscita del film va anche ricercata in aspetti tecnici che non attengono allo script: la colonna sonora viene messa a scaldare la panchina, peccato capitale per i crismi del genere, a favore di un audio troppo realistico, invadente e fuori luogo, la regia e la fotografia sono di buona qualità, ma si mettono ben poco a servizio della pellicola. Difetto che sembra ricorrere nella produzione horror più recente. Pare che, da Saw in poi, i registi stiano progredendo verso una direzione sbagliata: la macchina da presa si limita a fotografare tramite il filtro della realtà gli efferati omicidi dei killer/mostri, lasciando in secondo piano l’effetto spettacolare degli stessi. Film come Il silenzio degli innocenti e Seven, pur non appartenendo al genere, sono il manifesto di una regia che sa sfruttare ed evidenziare l’efferatezza del gesto, caricandola di un significato ben più efficace e raccapricciante, facendo sì che la stessa resti fortemente impressa nell’immaginario comune di appassionati e non.
Dal canto suo comunque Betancourt è un diligente impiegato dell’horror attuale, timbra il suo cartellino e per questo Boogeyman 2 non deluderà chi vi si affaccerà con spirito vacanziero e compagnone. Ormai nella subcultura urbana questo genere di horror fa estate, non meno di quanto fa un buon gelato, un banale sceneggiato tedesco nei pomeriggi delle tv commerciali o una disinnescata ‘bomba’ di calciomercato.

VOTO 48/100
Tommaso Ranchino

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