lunedì 18 febbraio 2008

Il mito di Rambo rispolverato tra umanitarismo e splatter - Recensione di John Rambo



John Rambo ormai vive in una palafitta sulle rive di un fiume, al confine tra Tailandia e Birmania e si guadagna la pagnotta cacciando a mani nude serpenti velenosi, usati per impressionare i turisti americani e non con degli spettacolini di terz’ordine. Quando un gruppo di missionari, capeggiati da una raggiante bionda, vuole recarsi in Birmania nel cuore pulsante della guerra civile per portare aiuti alle popolazioni martoriate da mine antiuomo e malattie d’ogni sorta, gli chiede aiuto per risalire il fiume, lui non si tira indietro. Una serie di scontati eventi lo porterà poi a rispolverare i vecchi coltelli e l’ormai assopito istinto omicida.
A 20 anni di distanza da Rambo III torna nelle sale il reduce del Vietnam impersonato negli anni da Sylvester Stallone che, dopo Rocky Balboa, personaggio sicuramente più cucito addosso all’attore di Phliadelphia, dovrebbe metter fine (ma forse no) anche a questa saga. La violenza onnipresente è degna di uno splatter anni ’80, e a tratti sembra di assistere ad uno sparatutto da sala giochi più che ad un film. Sicuramente negli anni Stallone ha preso il vizio di ritoccare più il suo viso che le proprie sceneggiature, i dialoghi sono quanto di più scontato e perbenista si possa sentire. L’umanitarismo poco giustificato tende a stancare ben presto e la funzione documentaristica della pellicola nelle scene iniziali risulta un po’ fuori luogo.
Nonostante tutti i difetti riscontrati, il film riesce nella sua funzione principale: in qualche scena rievoca l’immagine del mito di Rambo, accontentando i fan accaniti. Un esperimento alla Rocky IV (ti spiezzo in due per capirci), un cinema che non racconta la storia ma rievoca icone e miti, sfociando in un collage di immagini funzionali alla soddisfazione maschile in stile clip musicale, che troverà sicuramente un suo pubblico di nostalgici afficionados. Si cerca un cattivo da odiare e poi lo si massacra, questo l’obiettivo. John Rambo in un paio di sequenze fa questo, e lo fa alla grande. Quando tutto sembra andare per il verso storto gli occhi spiritati e pieni d’odio dell’eroe appaiono nel bel mezzo della lussureggiante giungla ed aizzano lo spettatore più testosteronico. Mentre la debole storia si snoda in modo più che frenetico, John ricade negli abissi del proprio inferno personale, e, nonostante i flashback siano (per fortuna) quasi inesistenti, i fantasmi del passato si riaffacciano minacciosi.
In conclusione, anche se a volte Stallone assomiglia troppo alla sua parodia cinematografica (il Charlie Sheen di Hot Shots 2) e per lui la campanella sia suonata già da tempo, John Rambo tra mille pecche risulta un film d’azione molto fisico dal sapore anni ’80 che sa aggredire lo spettatore, entuasiasmando chi vive nel mito dei primi capitoli e di quei tempi andati.

Voto 59/100


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