giovedì 25 settembre 2008

Recensione documentario: Made in America (Lo Stato delle Cose)

Nel cuore della California democratica e benpensante, pulsa l’anima di una lotta fra gang afro-americane, un conflitto fratricida e spietato quello tra i Crips e i Bloods. Si calcola che si sia portato via, in meno di trent’anni, più di quindicimila vite. Il documentario, presentato al Festival di Torino, ripercorre e analizza, con risultati sconcertanti, la storia di questo conflitto, attraverso immagini d’archivio e interviste ad alcuni ‘sopravvissuti’ di ambo le fazioni.
Stacy Peralta, celebre intorno al pianeta per essere stato uno degli skater di Dogtown, intraprende una strada nuova dopo aver magistralmente diretto i documentari sportivi “Dogtown & Z-Boys”, sullo skate per l’appunto, e “Riding Giants”, sul surf estremo. Questa volta s’improvvisa reporter a caccia di una poco chiara (anche a lui) verità scomoda su di una realtà scabrosa come quella della lotta fra gang rivali. Ma, un po’ per le interviste superficiali e poco approfondite, che tratteggiano profili sbiaditi e macchiettistici dei personaggi delle vicende, un po’ per lo scarno archivio di video a disposizione, si vedono infatti troppe foto e tutte simili tra loro, il risultato è approssimativo e inefficace.
La chiarezza che vuole fare Peralta va ben presto a farsi benedire, la visione del documentario, tra l’altro per nulla coinvolgente o emozionante, lascia nell’immaginario dello spettatore una confusione ancora più radicata su di un argomento, già di suo, poco interessante.
La maggior capacità del documentarista statunitense era stata, nei precedenti lavori, quella di donare tinte forti ai protagonisti delle prodezze sportive che inscenava, gli skater e i surfisti erano portatori di valori che andavano ben oltre la divulgazione di uno sport e lo spettatore poteva subirne il carisma attraverso gli aneddoti enumerati, invece qui la narrazione frazionata e mal collegata contribuisce a lasciare la sensazione di trovarsi di fronte ad un collage scriteriato di racconti e foto, più che ad un flusso univoco di intenzioni ed intensità.
Una visione da non consigliare, perché priva di potenza immaginifica ed incapace di restituire qualcosa di citabile o godibile.
VOTO 35/100

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