lunedì 12 marzo 2007

Recensione: Sin City, in giro per la città del peccato

Robert Rodriguez aveva un sogno. Portare sullo schermo il fumetto capolavoro di Frank Miller, un guru alla Marvel e alla DC Comics. Sin City. Una graphic novel diventata culto negli anni '90.
Miller però era inizialmente scettico, restio. Dopo aver sceneggiato Robocop, I e II, si era ripromesso di non permettere mai più a nessun hollywoodiano di mettere le mani su una sua creazione. Quando poi Rodriguez gli mostrò qualche scena prova, fu lui ad avere la sensazione di aver messo le mani su qualcosa di grosso. Tanto da voler addirittura apparire in un cameo nelle vesti di un prete confessore morto ammazzato.

Di lì a poco si era ritrovato su un set fatto di soli green screens, infatti l'intera scenografia è stata ricreata digitalmente in un secondo momento della produzione. Un set che assomigliava ad un gala premiazione. Costellato da Quentin Tarantino (special guest director), Bruce Willis, Mickey Rourke, Clive Owen, Rutger Hauer, Michael Madsen(amicone di Quentin), Josh Hartnett, Michael Clarke Duncan, Elijah Wood, aka Frodo; e poi ancora, per i maschietti, Rosario Dawson, Jessica Alba, Brittany Murphy e la figlia di 'Una mamma per amica', Alexis Bledel.

Ma la stella che ha rubato la scena a tutti Ë stato il director Rodriguez. Regista dalle origini chiaramente messicane, nato in Texas. Pupillo - allievo di Tarantino. Erede naturale del suo stile pulp, vedi 'Desperado' e 'Dal tramonto all'alba'. Nulla di più facile e stimolante per lui che ricreare le torbide atmosfere noir di Basin City, Sin City er chi ha avuto la sfortuna di conoscerla, nate nelle pagine díautore di Miller. Pagine che prendono vita, passano dalla carta alla celluloide senza sbiadire minimamente di tonalità. Un vero e proprio film fumetto, di gran lunga superiore come fedeltà allíopera di origine dei più blasonati 'Spiderman' e 'X- Men'.

Questa è una città marcia, corrotta. Attraversata da vicoli squallidi e sudici, brulicanti di bar di terzíordine. La metropoli delle gang, della mala, delle puttane armate fino a denti, dei killer mercenari. Dove gli sbirri sono corrotti, i vescovi padrini, i senatori infami e i violentatori impuniti. Nelle vene di Sin City scorrono odio e violenza.
La trama si snoda in tre episodi. I tre rispettivi protagonisti, il detective cardiopatico Hartigan, il torturatore sfigurato Marv e il killer fotografo Dwight, narrano con voce fuori campo ogni scena imbevuta di sangue. Con commenti volgari e graffianti, con vere e proprie perle di saggezza sanguinaria. Gettano lo spettatore nella mischia come fosse uno di loro.

Le pupe non mancano, e non sono certamente meno assetate di violenza dei colleghi uomini.
Insomma Sin City è una vera e propria esperienza nel mondo di Miller, dopo averlo visto si ha la sensazione di essere tornati alla realtà dopo una gita nei bassifondi della nostra immaginazione.
Mi ero imposto di non elogiare il solito Quentin, di metterlo da parte, di concentrare líattenzione su Rodriguez. Non ce lího fatta. Non ho saputo resistere. La scena da lui scritta e diretta nella quale Dwight (Clive Owen) scambia quattro chiacchiere col cadavere parlante di Jackie Boy (Benicio Del Toro), Ë pura poesia per gli occhi e le orecchie degli amanti del pulp, tra i quali mi annovero umilmente.

Come se nella miglior opera di Rodriguez questi volesse ricordare a tutti di essere ancora in gran forma, di avere appena 44 anni e di non aver la minima intenzione di abdicare al trono. Re Quentin!

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