lunedì 12 febbraio 2007

Recensione: American History X

1996. Il director inglese Tony Kaye, fino ad allora specializzato in documentari e videoclip musicali, decide di entrare nel mondo patinato ma un po’ ostico del cinema hollywoodiano, e decide di farlo dall’ingresso principale. Per inseguire il suo sogno è addirittura disposto a sborsare di tasca sua una cifra che si aggirava intorno al milione di dollari.
Questa la genesi di un capolavoro che nel 1998 sbarcherà nelle sale col titolo di American History X, dopo mille polemiche sul montaggio tra Kaye e la casa di produzione New Line che finiranno poi ai ferri corti nelle aule giudiziarie americane.
Il film è forte, rude, scomodo, violento e ti attacca allo schermo. Derek Vinyard (Edward Norton) è un neonazista statunitense convinto, leader del movimento giovanile razzista del suo quartiere, che, dopo esser finito in carcere per l’omicidio di due afroamericani, si redime e cerca di raddrizzare il fratello minore Danny che stava calpestando le sue stesse orme.
Non fatevi impressionare da una trama che a un primo sguardo distratto potrebbe sembrare prevedibile e scontata. Qui di scontato non c’è nulla. Il film è una cascata di eventi incastrati tra loro con una consecutio temporum illogica, tra flashback in bianco e nero e una sceneggiatura senza fronzoli.

Edward Norton (Fight Club, La 25° Ora) si conferma un maestro nell’interpretare il ruolo del ‘disadattato di successo’ e, a suo fianco, Eddie Furlong (Terminator 2, Pecker) veste i suoi panni abituali di quindicenne ribelle.

Le sequenze violente scandiscono la storia, quasi dividendola in atti e l’odore di realtà che si respira dalla prima all’ultima scena non si attenua mai, spesso nauseando lo spettatore.

Da sconsigliare a chi cerca una visione rilassante, o a chi è facilmente impressionabile.
Da consigliare invece a tutti quelli che amano le storie borderline, dove situazioni sociali e familiari insostenibili sono la regola.

Alla fine il film è uscito col montaggio ‘modificato’ dalla New Line, e Kaye ha perso, anche perché dopo quell’esperienza non è mai più riuscito a esprimere tutto il suo talento. Ma nonostante tutto c’è ancora chi come me non smetterà mai di essere grato a questo inglese che ci ha raccontato a modo suo una storia americana X…

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