lunedì 12 febbraio 2007

Recensione: Babel

Marocco, Giappone, Messico e Stati uniti. Questi gli scenari in cui Inàrritu ci immerge per presentarci le storie parallele della sua Babel.
Così il talentuoso 43enne messicano, giunto alla sua terza opera dopo l’aggressivo Amores Perros e il criticato 21 Grammi, si conferma maestro nel raccontare spezzoni di vite che si sfiorano inconsapevolmente tra loro senza mai incontrarsi. Questa volta l’evento che provocherà gli incastri tra le vicende sarà uno sparo vagante in pieno deserto marocchino che ferirà una turista americana.
Da qui lo spunto per rappresentare immagini offuscate di disagi, di incomprensioni (ecco il perché del titolo Babel) e soprattutto di solitudini. Solitudini che possono scaturire da un handicap fisico, da un deserto che inaridisce anche i rapporti umani, dallo status di immigrato messicano negli USA o più semplicemente da un matrimonio in crisi.
La pellicola affronta l’attualissimo tema dell’incomunicabilità uscendo dagli stereotipi odierni, di cui Inàrritu si professa acerrimo nemico, ma dandoci una prospettiva sempre interiore del problema, come in una fotografia scattata da chi lo vive in prima persona.

Il cast multietnico annovera un brizzolato Brad Pitt, l’algida Cate Blanchett, la talentuosa nipponica Rinko Kikuchi nel ruolo di una studentessa sordomuta ed un Gael Garcìa Bernal rinchiuso in un ruolo un po’ stretto per il suo carisma.
Il musicista argentino Gustavo Santaolalla, già Oscar per le musiche del discusso Brokeback Mountain, scandisce il film in perfetta sintonia con i fotogrammi che si susseguono.

Questa opera accuratamente pensata e confezionata ha accolto i favori della critica (e del pubblico in seguito) accaparrandosi il Premio per la Regia al 59° Festival di Cannes, e addirittura 7 nominations agli Oscar 2007; giustificando così in parte la tanto criticata fuga professionale di Inàrritu verso gli Stati Uniti dopo il grandissimo successo del tutto messicano Amores Perros. Il regista, dopo il claudicante 21 Grammi, ha oggi fatto un grande passo in avanti nel suo percorso volto ad un cinema di fortissimo impatto emozionale, che rende tangibili le ansie dei personaggi.
Da consigliare, sempre dopo aver visto Amores Perros, ai voyeur dei drammi sul grande schermo.

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