martedì 27 gennaio 2009

Intervista al regista e al cast di Italians


Giovanni Veronesi torna al cinema, lascia i patemi d’amore e i viaggi chiarificatori post-maturità per puntare il suo obiettivo su tutti quegli italiani che, per motivi personali o per lavoro, vivono o si trovano temporaneamente all’estero. Proprio fuori dai confini diamo contemporaneamente il nostro meglio e il nostro peggio, croce e delizia dell’italianità. Il regista toscano ce li racconta così: “Nel film ci sono 4 tipologie completamente diverse di italiani all’estero, abbiamo scelto quelle che potevano risultare più divertenti pur essendo sostanzialmente persone normali. In realtà penso anche di esser stato troppo buono, in alcuni casi la condizione degli italiani all’estero è a dir poco stravagante, particolarmente di quelli che si trovano in Russia, che noi raccontiamo nel secondo episodio”.
C’è comunque stato un cambiamento nelle motivazioni che spingono gli italiani ad emigrare, soprattutto perché nel dopoguerra si cercava una situazione sostenibile dove lavorare e magari fare anche fortuna: “Gli italiani che adesso vanno all’estero – dice Veronesi – sono di ceto sociale decisamente più alto, e più che altro cercano buoni affari. Hanno però una caratteristica comune che ci accomuna da sempre: l’italiano all’estero da sempre si porta con sé un grado d’italianità molto più alto rispetto alle altre nazionalità. Nel film appare una frase pubblicata sul New York Times: ‘Gli italiani sono il popolo che suona di più al metal detector’, e penso che la nostra italianità è talmente forte e caratterizzante che suoneremmo sotto il metal detector anche nudi. Poi noi sappiamo adattarci meglio, e ci facciamo sempre riconoscere, questo è vero, ma non solo per l’essere caciaroni, anche perché abbiamo sempre un’umanità e una positività che viene sempre e comunque apprezzata”.


La pensa così anche Riccardo Scamarcio: “Credo davvero che in Italia ci sia una sorta di umanità che viene sempre fuori. Ad esempio basta andare in America e vedere quanta violenza c’è, se solo si pensa alla polizia statunitense la nostra polizia e i carabinieri ci fanno simpatia. L’umanità è la nostra migliore qualità, tutto il resto è un casino, qui nessuno rispetta le regole e il più delle volte fa come gli pare”.
Interprete del film anche Ksenia Rappoport, che fa uno strano confronto tra italiani e russi: “I nostri popoli trovo abbiano davvero molto in comune, soprattutto quando vanno all’estero. I russi quando sono fuori sono incredibilmente impacciati, non parlano una parola d’inglese e fanno casino. Da noi in Russia gli uomini italiani sono sinonimo di amore, passione e sole, li vediamo così”.


Sembra proprio che tutti abbiano una precisa e propria idea sugli italiani all’estero, anche Carlo Verdone ce la racconta: “Gli italiani che lavorano e vivono all’estero sono la parte migliore del nostro Paese. Io ho avuto molte occasioni per confrontarmi con questa gente, e mi sono accorto che qualsiasi lavoro facciano portano un carica e un bagaglio di genialità che altri non hanno. Genialità che possono ben confluire, cosa che non succede qui, anche grazie al rispetto e all’osservanza delle regole e ai mezzi di cui dispongono altre società straniere. Se questo accadesse anche in Italia, se ci fosse un minimo di rispetto per le regole in più tutto potrebbe girare per il verso giusto”.
Verdone, aderendo maggiormente ad “Italians”, racconta l’esperienza con Veronesi, unico regista, a parte naturalmente sé stesso, da cui da un po’ di anni si fa dirigere: “Giovanni è un mio amico anche nella vita privata, e dopo aver fatto i due manuali d’amore ho pensato che non ci potesse essere due senza tre. Ho quindi accettato il ruolo volentieri, anche perché ogni tanto mi fa bene fermarmi e far anche l’attore senza far l’autore. Veronesi poi ormai capisce e conosce i miei tempi, riesce a dare spazio ai miei tic e alle mie caratteristiche. Gli ho chiesto di mettere in imbarazzo il mio personaggio spesso, infatti quando sono in imbarazzo riesco a dare il mio meglio. Poi nel film da una prima parte in cui sono impacciato ed imbranato, passo ad una temperatura meno comica e più poetica, scoprendo nella casa-famiglia quei valori meno effimeri che forse cercavo veramente”.


Anche Sergio Castellitto fa parte felicemente del cast di “Italians”, misurandosi con la commedia, come poche volte gli era successo in carriera: “Io sono uno che frequenta poco la commedia. Già feci “Silenzio si nasce” con Giovanni in compagnia di Paolo Rossi, ed avevo un bel ricordo, poi sono stato battezzato al genere proprio da Carlo in “Stasera a casa di Alice” a fianco di Ornella Muti, perciò mi allettava l’idea di tornarci su. Essendo anche io regista quando lavoro per altri sono molto obbediente, un ospite gentile ed educato nel mondo dell’altro regista. Per Veronesi gli attori sono gli effetti speciali dei suoi film, e ovviamente contribuiscono di loro alla storia e alla sceneggiatura, ad esempio nel nostro episodio nel piccolo dialogo sul mutuo, che trovo di una forza incredibile, ho collaborato alla scrittura”.
L’attore romano confida di aspettare ansioso la reazione del pubblico meno navigato: “Sono davvero molto curioso di vedere la reazione dei ragazzi giovani. Questo è un film che cerca di portare un’analisi abbastanza approfondita sulla natura e l’essenza del nostro essere, inserendo questi elementi riflessivi all’interno di una commedia. D’altronde se guarderai alla commedia potrai sempre trovare un’analisi sociologica di fondo, invece guardando alla sociologia difficilmente ci troverai della commedia”.
All’interno di “Italians” c’è un elemento, per alcuni disturbante, per altri riuscito, che si emancipa completamente dalla produzione di genere: il personaggio di Dario Bandiera muore, Veronesi ce lo spiega: “Questa volta sono voluto andare un po’ oltre, inserendo la morte di Bandiera. Volevo vedere se il pubblico continuava a seguirmi, perché inserire un elemento del genere in un film di questo tipo non è assolutamente facile da digerire. Infatti la prima sensazione è quella di aspettarsi che il personaggio rispunti fuori da qualche parte, o che non sia lui l’assassinato. Lo spettatore poi se ne capacita, il film cambia completamente, e si è portati a ricercare un senso di quiete e pace, che parzialmente si ritrova nella parte finale del film e nella casa famiglia”.
Il presidente Filmauro Aurelio De Laurentiis, spiazzando anche lo stesso Veronesi che aveva appena detto: “Il prossimo che farò non sarà un film ad episodi, ma non voglio dirvi altro…”, ha annunciato che è di prossima produzione la nuova fatica del regista toscano: “genitori e Figli – Istruzioni per l’uso”.

Tommaso Ranchino

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