lunedì 2 novembre 2009

Emitt Rhodes e la sua leggenda in "The One man Beatles", sorprendente mockumentary italiano


Un giovane ragazzo italiano, Cosimo Messeri, dopo essere inciampato quasi per caso in un vinile d’epoca, s’innamora della musica di Emitt Rhodes. E chi è? Verrebbe da chiedersi. Domanda lecita a cui il documentario risponde alla grande.

È un musicista californiano, col pallino per il pop britannico, che ha mosso i primi passi come leader dei Merry-Go-Round, per poi diventare un solista di successo sparito completamente dalla circolazione nel ’75. Una sparizione quantomeno misteriosa, il suo era un talento di ferro, la musica la mission di un’esistenza.

Tutto questo ha contribuito ad offuscare la leggendaria immagine di un uomo il cui timbro di voce era pressoché identico a quello di McCartney, portando anche qualcuno a giurare sul fatto che la musica di Rhodes altro non fosse che materiale extra dell’opera dei quattro scarafaggi di Liverpool. Una leggenda che ha preceduto la sua musica, ormai molti pensavano non fosse mai esistito. Ma il suo talento era cristallino. Voce angelica e una poliedricità da multistrumentista, suonava ogni singolo strumento nei pezzi che registrava, da qui il titolo (forse un po' ammiccante) del documentario.

Il documentario presentato al Festival è un’opera di un’oretta che sorprende per la capacità di raccontare l’umanità di un personaggio così singolare, muovendosi con dimestichezza tra toni scanzonati e occhiate più intimiste. Tra l’impalpabile mistero della sua scomparsa dalle scene e lo sguardo rarefatto di un orso ormai innocuo. Lo svolgersi di “The One man Beatles” seguirà il percorso curioso dell’esistenza di Emitt, regalandocelo ormai maturo profeta di un karma musicale che lui sembra aver sfiorato tutta la vita, senza riuscire mai ad afferrarlo tra le dita tenendoselo stretto.

Le immagini girate dal giovane cineasta, tra interviste agli ‘amici’ di ieri e di oggi dell’artista ed eccezionali pillole del Rhodes odierno, si fonderanno visceralmente con le tracce del cantante e con le immagini di repertorio, una chicca a proposito la performance nello show di Sir David Frost. Una strada che ricorda tanto quella battuta, con le dovute proporzioni, dal James Mash di “Man on wire”, due uomini, Philippe Petit e Emitt Rhodes, che hanno vissuto fondamentalmente contro il sistema, ai margini di una socialità mai realmente accettata dalle loro anime eteree.

“The One man Beatles” è un rilassato omaggio alla musica, al purismo oltranzista di uno che ha assaporato la fama senza rimanerne invischiato. Il finale del mockumentary si potrebbe facilmente riassumere in una frase di Checov: “Mi prenda con sé... Il nostro tempo fugge, non siamo più giovani. Che almeno alla Fine della vita non sia necessario nascondersi né mentire... ho cinquantacinque anni, è ormai tardi per cambiar vita” , o forse no?

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