sabato 29 novembre 2008

Incontro con Roman Polanski



Il regista, intervistato da Nanni Moretti, parla del suo cinema, in occasione della retrospettiva dedicatagli al Torino Film Fest


A Roman Polansky è stata dedicata un’intera retrospettiva, che ha ripercorso la sua intera militanza di filmaker, dall’esordio nel ’51 con “Morderstow” per arrivare all’ultimo cortometraggio “Chacun son cinéma” del 2007. Uno spostamento, dall’essere europeo e americano al contempo, che ha caratterizzato il suo cinema, attraversato dallo smarrimento e dall’angoscia di non poterne uscire mai.
Nella chiacchierata a 360° con Nanni Moretti Polanski ammette di aver molto amato il nostro cinema, ma di esser sconcertato sul momento attuale: “Mi ricordo che da studente aspettavo con ansia il film successivo di De Sica o Rossellini mentre negli anni ’60 seguivo i giovani registi italiani (Pasolini, Olmi, Bellocchio, Bertolucci, De Seta) sia come collega sia come spettatore. Mi chiedo cosa sia successo al vostro cinema dopo. Sarà colpa della televisione”.
Ma anche per la Nouvelle Vague francese ha una parola dura: “I film della Nouvelle Vague sono spesso inguardabili. A parte forse Truffaut”. Il suo approccio singolare al cinema ha fatto sì che spesso i suoi film, pur avendo avuto gran successo, non siano stati interpretati come lui se lo aspettava: “Spesso scopro cose del tutto inaspettate o che non avevo immaginato. Specialmente riguardo alla comicità. A volte il pubblico ride senza che io ne capisca il motivo o invece non sembra divertirsi in momenti che per me sono comici. A volte. Per esempio per me L’inquilino del terzo piano era un film comico, ma il pubblico l’ha inteso diversamente”.
La retrospettiva, fortemente voluta dal regista ossessionato dalla Sacher, è andata bene, attraversando l’intera manifestazione ha riscosso anche un discreto interesse del pubblico.

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