lunedì 26 ottobre 2009

Muccino vs Tornatore


Continua l'iter del Festival di Roma nel presentare al pubblico duetti (o duelli?) d'eccezione, le poltrone della Sala Petrassi che l'anno scorso erano riservate a Toni Servillo e a Carlo Verdone passano quest'anno alla coppia di autori Gabriele Muccino - Giuseppe Tornatore. Una chiacchierata piacevole, a tratti, un po' tediosa in altri, ripercorre attraverso le scene più significative dei loro film, che sono state scelte a vicenda, l'opera dei due. Due visioni di cinema formalmente diverse, sostanzialmente no. Entrambi amanti di una coralità partecipata, di uno sguardo multiforme e sempre in movimento, le scene di "Malena" e di "Come te nessuno mai" ne provano l'efficacia, si incontrano senza scontrarsi. Ciononostante le premesse erano sembrate diverse, pronti-via e Muccino attacca Tornatore: "Sei ridondante nei tuoi film, alla fine in quel marasma non arrivi al cuore della questione che vuoi raccontare". E Tornatore, meno frizzante e istrionico del collega balbuziente romano nell'eloquio, ma dotato di retorica da vecchia volpe, ribatte secco: "Me lo dicono in tanti, mai pensato che è semplicemente il mio stile?". Le acque, ahinoi, si quietano ben presto. I due si cullano l'uno nell'altro, sviolinate per il quantomeno discutibile "Baarìa" da una parte, buonismo da venditore dall'altra. Tornatore, addirittura ribattezzato Peppuzzo da Muccino in un'occasione, descrive così il cinema del romano: "La sua costante credo sia raccontare in modo effervescente, brillante, generazioni diverse. Mi sembra che tutti i protagonisti dei suoi film vadano verso quello che è anche il titolo di una delle sua pellicole: La ricerca della felicità". E va realmente vicino a quello che per l'Italia è stato Muccino, dimenticandosi presto però di quello che sta invece facendo oltreoceano, dove accetta di stordire gli spettatori con i patemi tutti hollywoodiani di Mr. Will Smith. Nella cinematografia del siciliano è palese, anche troppo, il continuo omaggio al cinema, "Nuovo Cinema Paradiso" e "L'uomo delle stelle" su tutti, mentre in Muccino questo aspetto non si riscontra, anche se lui si definisce, divertendo il pubblico, uno "che sa cosa ruba e a chi. Anche per rubare ci vuole un'arte". Tra scene di "Sette anime" e "La ricerca della felicità" ci si imbatte in un Polanski attore d'eccezione per una sequenza, quella del suicidio di Depardieau, di "Una pura formalità". Occasione imperdibile, visti i recenti accadimenti legati alla carcerazione del genio polacco, per Tornatore che corregge il tiro alle dichiarazioni da lui lasciate giorni addietro: "Molti hanno frainteso il senso delle mie parole in suo favore. Non volevo avallare gli 'stupri d'autore', come alcuni hanno voluto interpretare, ma solo dimostrare il mio affetto per Roman. La giustizia deve fare il suo corso, ma finora con lui le cose sono andate in maniera un po' strana". E Mario Sesti, e la sala tutta, si è stretta idealmente intorno a Roman, che finirà il suo "Ghost" in carcere per presentarlo alla Berlinale 2010. Anche questa volta l'incontro tra due grandi del cinema italiano di oggi ha fatto centro, soprattuto perchè il reale merito di un progetto di questo tipo è quello di trasformare lo spettatore occasionale in (neo)cinefilo, e questo per noi è sempre un bene, facendolo entrare inconsapevolmente in una forma mentis che non aveva prima.

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