lunedì 26 ottobre 2009

Recensione: Lang Zai Ji (the warrior and the wolf)


Ambientato più di 2.000 anni il film che il regista cinese Tian Zhuangzhuang presenta al Festival di Roma in concorso. Le truppe dell'imperatore Han vengono sconfitte dalle tribù dei ribelli che vivono all'estremo confine occidentale, il generale Hu è costretto a riportare i superstiti a corte, dove lo aspetta il destino dello sconfitto. Sulla strada del ritorno la tempesta incessante di neve li costringe a fermarsi nella città di Harran, dove vive una tribù maledetta, che esce solo di notte e si trasforma in lupo quando si accoppia con uno 'straniero'.

E' qui che prende vita l'amore violento e passionale tra Hu e una donna Harran, il regista non indugierà nel racconto quantomeno carnale degli amplessi tra i due. Il film sarà per circa 2/3 formato dal sesso violento e disperato che li condurrà verso un amore impossibile, dalle conseguenze licantrope nefaste.

A parte qualche scena di forte impatto paesaggistico, il film cinese si rivela un naufragio senza speranze. L'amore tra i due, che nasce da uno stupro, per poi assestarsi sui toni più civili del sesso violento, si rivela dalla prima apparizione sullo schermo della donna, e gravita troppo l'attenzione dell'autore.

Il film era sembrato sul punto di diventare decente quando erano stati nominati questi Harran, la tribù maledetta con le sue leggende e con il mistero che li avvolgeva da secoli, il che lasciava presagire l'ingresso di un manipolo stanco e sconfitto di soldati all'interno di una comunità ostile e soprannaturale. Ed invece questo aspetto viene lasciato sullo sfondo, accennato in qualche sequenza persino ridicola.

Tutto, per fortuna, si spegne in un finale simbolico e non necessario. Bocciato.

VOTO 40/100

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