mercoledì 14 ottobre 2009

Recensione: Nemico pubblico


John Dillinger era per gli Stati Uniti della Grande Depressione l’antieroe di un popolo intero, l’inafferrabile rapinatore di banche, romantico, metteva in ginocchio, colpo su colpo, proprio quegli istituti che in quegli anni affondavano l’economia di un Paese intero. L’uomo che da solo mise in crisi e in discussione l’efficienza e l’effettiva utilità della neonata FBI. Colui che sfidò l’intero sistema, mettendo a segno evasioni e rapine da costa a costa.

Dozzine di romanzi e produzioni se ne sono occupati prima, ma qui ci si trova di fronte a qualcosa di visceralmente diverso.

È questo il pretesto, non da poco, da cui Mann parte: un terreno di contenuti dove il regista si muove a dir poco a suo agio, quello della definizione, quasi epica, di vita, morte e miracoli di cattivi dal cuore d’oro. Assassini dal carisma incontenibile sullo schermo, come il Tom Cruise di Collateral, o i poliziotti corrotti di Miami Vice, che l’affermazione planetaria di Michael Mann permette di veder interpretati da star di prim’ordine.

Stavolta è il turno di un Depp nella sua interpretazione perfetta, che accantona, almeno fino al 2011, i panni di pirata fulminato, e si ritrova magnetico protagonista di un gangster movie girato, ovviamente, alla Mann.

Proprio la coppia Depp-Mann sarà il motore di “Public enemies”, inquadrature con telecamera a spalla al servizio di un’interpretazione vecchia scuola, dove non per forza bisogna trasformarsi, ingrassare, imbruttirsi, invecchiarsi o prendersi in giro per richiamare amori di pubblico, critica e Academy.

Il resto, seppur ben curato, è un contorno che qui diviene di poco conto: il Bale inespressivo relegato ad un ruolo volutamente secondario, la descrizione di un’epoca vista ormai troppe volte al cinema, il crogiolarsi su facili stereotipi che la vita da ladro gentiluomo e un’ottima spalla femminile quale ‘Edith Piaf’ Marillon Cotillard porgono facilmente.

Il salto di qualità rispetto ad un buon film lo fa fare la, riconosciuta, vena registica di Michael Mann, che mette su un classico gangster-movie girato all’interno di un registro cinematografico che lui, prima e meglio di altri, incarna perfettamente. L’esperienza di un’immagine realistica, con una fotografia naturale spinta quasi al limite, sensazioni che i nuovi media come internet (vedi youtube) hanno insegnato a digerire come pane quotidiano, ma che sul grande schermo stravolgono lo spettatore. Lo lanciano nell’azione a fianco del Depp di turno, attraverso un’immaginaria telecamera nascosta nei covi dei criminali degli anni ’20.

Ed allora giù il cappello per Mr. Mann che, nell’epoca del 3D a tutti i costi, zittisce tutti e si conferma assoluto padrone del cinema d’avanguardia tecnologica ad alto budget. “Public enemies” funziona su tutta la linea (cast, sceneggiatura, scenografie, costumi), è un gangster-movie di primo livello, dove però sembra che il girato sia quello del backstage di una webtv indipendente inviata sul posto a dar fastidio e non quello ufficiale della major di turno (Universal).

VOTO 80/100


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