sabato 25 ottobre 2008

III Festival di Roma - Incontro con Olivier Assayas


Dopo David Cronenberg un talentuoso ed apprezzato regista francese come Oliver Assayas ha incontrato il pubblico del Festival di Roma, prima della proiezione de L’heure de l’eté, suo ultimo film.
L’incontro è stato scandito, come si usa qui al Festival, da alcune scene significative della sua cinematografia, e il regista ha intrattenuto i presenti, mantenendo la conversazione su di un livello elevato, forse anche troppo per il pubblico capitolino, che spesso si è fatto sentire auspicando l’inizio della pellicola.
L’incontro ha toccato vari aspetti della sua arte unica ed in continuo divenire.

Scrittura del film

Assayas racconta come sia cambiata e maturata la metodologia con cui approccia la scrittura e la lavorazione di un film: “Prima vedevo la fase della scrittura in modo completamente diverso. Mi mettevo a scrivere un film, la sceneggiatura, le inquadrature e tutto quello che mi fosse potuto servire per girare. Una volta che il film era scritto lo giravo. Erano due fasi ben distinte. Adesso invece la fase della scrittura per me comincia prima di scrivere la prima parola e finisce in studio quando la post-produzione è terminata e rivedo gli ultimissimi dettagli”.

Il rapporto con gli attori

Il francese è uno che instaura un rapporto speciale con gli interpreti delle sue opere: “E’ fondamentale per me favorire la spontaneità degli attori. Io non faccio mai fare le prove, e questo può rivelarsi un problema con quelli che sono abituati a farle. Per farli sentire a loro agio gli dico, mentendo, che filmo le prove per abitudine, invece sto girando”.

Il rapporto col cinema sperimentale ed underground

Il suo amore per il cinema pare essere iniziato con la passione per il cinema underground del movimento newyorkese: “Amavo molto il movimento sperimentale di New York, trovo che abbia reinventato il cinema moderno, al pari di quello che ha fatto da noi la Nouvelle Vague. Sono convinto che ci sia una profonda connessione tra il cinema sperimetale e quello narrativo, il cinema indipendente, sia europeo che americano, non sarebbe stato lo stesso se Warhol non avesse fatto ciò che ha fatto.
Nella scena sperimentale che ho inserito nel finale di Irma Vep ho voluto portare un esempio della giuntura che ci può essere tra cinema sperimentale e narrativo. L’ho girata con un regista sperimentale francese, Claude Duty, che adesso è passato al cinema classico e fa commedie in Francia.
Il cinema contemporaneo è un complesso d’immagini che derivano da altre immagini già fatte da altri. Tutto sembra già visto. Io cerco nella mia arte di ricreare nello spettatore una verginità nei confronti dell’immagine, così da essere totalmente preso e recettivo nei confronti delle emozioni”.

Il lato fisico e l’azione nel suo cinema

Ci confida che ama il cinema in cui l’azione e la fisicità sono presenti ed importanti: “Il rapporto fisico col cinema è una cosa essenziale. Il cinema indipendente ha totalmente perso questo rapporto. L’horror ad esempio mi affascina per questo forte impatto fisico. Nel 2001 con Demonlover ho voluto cimentarmi nel linguaggio fisico del cinema americano di genere, trovo che vada a toccare delle corde essenziali, l’ho fatto anche perché il cinema indipendente stava e sta perdendo il contatto con il pubblico giovane, mancando di fisicità”.

La musica

La musica è un elemento onnipresente nella vita di Assayas: “Sia il mio film d’esordio che Clean del 2004 parlano di musica. Sono cresciuto negli anni ’70, influenzato dalla controcultura di quegli anni ed al centro di tutto c’era la musica. Volevo sin da subito nel fare cinema ricreare la sensazione che la musica mi dava da giovane. Quando filmo una sequenza cerco l’immediatezza e l’energia tipiche della musica”.

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