sabato 25 ottobre 2008

III Festival di Roma - Recensione di Appaloosa


Virgil Cole (Ed Harris) ed Everett Hitch (Viggo Mortensen) sono due uomini di legge. Sui generis questo sì, ma da quando lavorano insieme, troppo tempo ormai, sono sempre riusciti a riportare il sereno nelle cittadine in cui sono stati sceriffi, con metodi poco ortodossi. Appaloosa sembra essere l’ennesima tappa di un percorso di vita, in cui privato e lavoro non conoscono confini o insediamenti prolungati, ma non sarà così. La vicinanza di una donna (Renée Zellweger) sterzerà il tracciato delle loro esistenze incrociate e complementari.
Ed Harris, già notevole in Pollock, torna dietro la macchina da presa con un film sorprendentemente asciutto ed efficace. Muovendosi tra gli stilemi classici del genere western, inserisce qua e là elementi inconsueti, corroborati da un impianto strutturale senza sbavature alcune.
L’amicizia dei due è l’elemento portante e trascinante della pellicola, i siparietti di sguardi e taciti ammiccamenti di complicità illuminano sequenze splendide. Ridonano al piatto stile western una dimensione rinnovata, arricchita di un umorismo incantevolmente minimalista.
Per far tutto questo l’Harris regista si affida ad una sceneggiatura coerente e mai banale, e soprattutto alla sempre crescente carica interpretativa di Mortensen, che trascina ed influenza anche la prova di Harris stesso.
L’attore unanimemente apprezzato per La promessa dell’assassino continua ad esercitare quel magnetico fascino scenico, emancipandosi da Cronenberg, e sembra davvero la sua primavera artistica questa serie di interpretazioni che sta inanellando.
Appaloosa ha il suo pregio migliore nella sua modestia di fondo, non vuole strafare, le scelte registiche non eccedono mai e restano sempre a servizio di attori e sceneggiatura.
Interessante la versione dell’amicizia tra uomini, mai ispezionata con tale riguardo in un western, e la rappresentazione di una femminilità insolita. Allie è, nonostante una grigia prova della sempre più deludente Zellweger, una donna piena di contraddizioni, un personaggio promiscuo che, nemmeno a pellicola esaurita, rivela alla storia la propria identità. La vediamo irrompere sulle scene senza saper nulla di lei, e quando cala il sipario la sensazione che rimane è ancor più offuscata e indefinita.
Microcosmo perfetto, completo ed esauriente, Appaloosa rinnova un genere che molti hanno tentato di rispolverare senza successo, facendo leva sull’intuizione di poter produrre qualcosa di non banale, pur inserendosi in un genere che del banale e del palese ha sempre fatto un must ed un leit motiv.

VOTO 78/100
Tommaso Ranchino

1 commento:

Valentina Ariete ha detto...

Ehi ehi ma come amicizia maschile mai approfondita?!
E Butch Cassidy & The Sundance Kid dove li mettiamo?!