giovedì 23 ottobre 2008

III Festival di Roma - Recensione di 8


8 storie di miseria, sofferenza o semplice disagio inscenate nelle aree più distanti e incastonate del pianeta, 8 registi internazionali di talento (chi più chi meno), 8 obiettivi per risollevare la situazione dei paesi sottosviluppati della Terra.
Questo il pretesto e il modus che ha segnato la genesi di 8, pellicola ispirata dagli 8 obiettivi che, nell’ormai lontano settembre del 2000, l’ONU aveva stilato e si era prefissa di realizzare entro il 2015: istruzione, fame, aids, mortalità infantile, emancipazione, ambiente, collaborazione globale. Questo film arriva a 7 anni dalla scadenza del progetto, e sembra attestarsi, più che come una celebrazione di questo, come un monito rivolto all’immobilismo che ha paralizzato la comunità internazionale.
8 è uno specchio infranto in 8 pezzi, che, pur guardando verso la stessa direzione, mirano finalità lontane tra loro e assumono riflessi cromatici a dir poco contrastanti.
Dal punto di vista formale si presenta come una sequenza di 8 cortometraggi, caratterizzata da una disomogeneità sostanziale, sia nella cifra stilistica che nell’impianto narrativo. Episodi meglio strutturati e ben riusciti si alternano a fotogrammi meno significativi ed oltremodo didattici.
Gus Van Sant delude le attese, presentando una serie di sequenze di skaters che danno la sensazione di provenire dal materiale extra di “Paranoid Park” riciclato in quattro e quattr’otto (per l’appunto) per salire sul carro dei registi bravi e buoni di cui il film può far vanto. L’altro big, Wim Wenders, ha il compito di chiudere l’ottetto con uno spezzone riassuntivo e, per forza di cose, troppo didascalico, inneggiando all’onnipresente Bono degli U2. Le cose più interessanti le fanno vedere Gaspar Noe con “SIDA”, un vero e proprio pugno nello stomaco, che racconta tramite primissimi piani statici la storia vera di un malato in quel di Ouagadougou (Burkina Faso), Jane Campion con “Water diary”, che racconta in chiave onirica e neo hippie la singolare situazione della siccità in Australia e lo splendido “Panshin Beka Winoni” (The Story of Panshin Beka) di Jan Kounen, girato interamente in b/n, che documenta la morte durante il parto di una ragazza nel cuore della foresta amazzonica.
A conti fatti 8 è un prodotto ben confezionato, che alterna veri e propri momenti pregni di drammaticità, che ben si consegna allo spettatore, ad altri di stanca e di populismo, che banalizzano in fondo l’intero progetto.

VOTO 65/100

Tommaso Ranchino

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