giovedì 30 ottobre 2008

Recensione film: Missing




Nei fondali di un’isola giapponese di Yonaguni un ricercatore muore in modo misterioso. Il suo fantasma tornerà dalla sua amata, in una realtà distorta che viaggerà tra onirico ed immaginazione.
Tsui Hark porta a Roma fuori concorso un film stravagante e controverso. Missing è un’opera che non accetta classificazioni, inquina i generi, appiccicandoli in modo violento e traumatico, analizza e reinventa continuamente i personaggi con occhio inquieto e disturbante.
Quando la strada imboccata pare esser quella del thriller, ecco che le suggestioni e le visioni si spostano prepotentemente nel linguaggio del cinema horror orientale, quando invece l’horror si esaurisce, in modo tra l’altro poco indagato, eccoci nel campo del melodramma romantico. L’unico aspetto comune, oltre ad uno sfacciato product placement a favore della Panasonic, è l’importanza dell’acqua come elemento vitale, il vero e proprio fil rouge del lavoro metaforico dell’autore.
Impossibile, si potrebbe pensare. Ed invece è proprio così, anzi le parole non descrivono a fondo la multicromaticità che Missing propone. Esperienza visiva accecante, più che film dall’invidiabile impianto narrativo, mette troppa, a dir poco, carne al fuoco.
Mescolare i generi va bene, quando la storia lo richiede. Quando i personaggi sono ben delineati allora i generi, fastidiosa etichetta che non attacca sui prodotti di qualità, neanche dovrebbero esistere. Invece Tsui Hark esagera. Proporre al pubblico un tale esercizio di stile porta irrimediabilmente ad una reazione scomposta. I tanti film dentro al film non convincono neanche se espiantati e giudicati singolarmente. Ed ecco l’horror assomigliare ad una parodia dei tanti prodotti giapponesi, The Grudge su tutti; esteticamente caricato da effetti speciali grossolani, porta con sé sequenze davvero mal strutturate. In pratica un horror giapponese contaminato dal cattivo gusto delle rivisitazioni made in Usa degli ultimi anni. Il film romantico ha toni oltremodo melensi e patetici.
Anche formalmente Tsui Hark fa scelte discutibili, gli stacchi e le inquadrature prevaricano spesso una messa in scena non curata. Da questo punto va comunque riconosciuta una certa coerenza: la voglia di sorprendere lo spettatore trova riscontro anche nella direzione registica mai classica.

Finiti i titoli di coda di Missing avremo visto la protagonista nei panni di una subacquea avventuriera (Trappola in fondo al mare), una psicanalista che impazzisce (Gothika), una vittima perseguitata dai fantasmi (scegliete voi), una specie di assistente sociale per i fantasmi (questa è nuova), una donna che ha perso l’amato e lo rivede da fantasma (Ghost) in un prodotto pasticciato ed ultracitazionista, che merita comunque una visione per il coraggio e l’originalità.
VOTO 48/100

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