sabato 25 ottobre 2008

III Festival di Roma - Recensione de Il passato è una terra straniera


Bari. Giorgio (Elio Germano) è uno studente 22enne a cui manca un esame alla laurea in giurisprudenza per inseguire il sogno di diventare magistrato. Quando però incontra Francesco (un sorprendente Michele Riondino), abile baro che frequenta i tavoli da gioco, da quelli più fatiscenti a quelli patinati, del capoluogo pugliese, intraprende la strada della truffa e della criminalità, riscoprendo un’area della propria personalità fino ad allora soffocata.
Vicari torna a confrontarsi con tematiche che si annidano ai margini dell’impianto sociale nazionale, le bische di Bari sono un palcoscenico insolito, perfetto per inserire le caratteristiche del suo cinema crudo ed aggressivo.
Il cliché del “chi va con lo zoppo impara a zoppicare” viene rivisitato grazie ad un’introspezione analitica installata sottotraccia in tutta la pellicola, il protagonista ha qualcosa di diverso dal classico bravo ragazzo che vuole provare delle emozioni nuove trasgredendo alle regole. La sua è una metamorfosi che non fa altro che dare ossigeno alle sue pulsioni più naturali. Dall’appagamento sessuale ricercato in una relazione con una donna sposata alla bramosia incalzante di una ricchezza lampo, Giorgio non fa altro che entrare in contatto con la propria indole più primitiva. Quella che per altri sarebbe una discesa verso gli inferi è per lui un viaggio nell’Eden della sua affermazione adulta.
La devianza sessuale di Francesco, conseguenza di una personalità fragile ed insicura, richiama, nel confronto con la manifesta sessualità di Giorgio, ombre di teorie freudiane un po’ banali.
Il regista, apprezzato dalla critica in Velocità massima e autore di documentari di gran successo, tende ad esagerare, spesso senza motivo, per rendere il messaggio che si prefigge ancor più efficace. L’asciuttezza formale e narrativa in molti casi è la cura di tutti i mali, ma il regista sembra non aver ancora fatta sua la lezione. Il vero tallone d’Achille del progetto è una sceneggiatura lacunosa e in molti casi sbrigativa che lascia vere e proprie voragini all’interno della storia.
Vicari avrebbe dovuto, dato che ha dimostrato di saperlo fare in più occasioni, anche dentro il film, affidarsi maggiormente all’accostamento di colonna sonora ed inquadrature inquinate e sporche, che rende personale il suo cinema. Qui lo fa troppo poco nella prima parte e ne abusa a dismisura invece nelle fasi conclusive.
Ancora una volta un buon Elio Germano dimostra di essere un attore ordinario finché il personaggio non richiede una violenza, fisica o verbale che sia, ed un atteggiamento sopra le righe. La sua faccia da bravo ragazzo e la sua capacità di scaldarsi con naturalezza lo stanno incastrando in ruoli sempre più simili. Già ne Il mattino ha l’oro in bocca si era confrontato con il gioco, quella volta erano i cavalli, e con il baratro verso cui spinge, una schizofrenia questa che le sue capacità interpretative sanno rendere con plausibile intensità sul grande schermo.
A conti fatti Il passato è una terra straniera è un buon film, che però intraprende strade già battute e, visto il potenziale artistico insito nelle caratteristiche di chi vi ha partecipato, avrebbe potuto essere ancor più diretto, decurtando elementi superflui e fuorvianti.

VOTO 63/100
Tommaso Ranchino

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