martedì 28 ottobre 2008

Recensione film: Le plaisir de chanter


Le plaisir de chanter è una commedia anticonvenzionale che prende di mira il filone spionistico e le commedie amorose. I vari strampalati personaggi, tra cui si intrecceranno turbinose storie, si ritrovano ogni settimana a lezione di canto lirico, dove ognuno dovrà spogliarsi della propria maschera sociale e confrontarsi con gli altri.
La pellicola francese, presentata in concorso al Festival del Cinema di Roma, è diretta da quell’Ilan Duran Cohen vincitore del Premio Orizzonti a Venezia 2004 con Le petit fils. Facile però ipotizzare che il destino di quest’ultimo film sarà meno glorioso.
Il registro grottesco dell’opera non si rivela pungente quanto vorrebbe, tralasciando alcune sequenze ritmate, il resto non è altro che un’epifania continua di gag sessuali e battute irritanti, perché forzatamente ricercate.
Le plaisir de chanter si inserisce come prodotto di un cinema supponente ed autoreferenziale, che ignora quale sia il requisito minimo richiesto ad ogni pellicola, il saper tenere il fruitore attaccato alla storia. Guardando il film francese l’interesse che si prova nei confronti delle vicende è soffocato. L’unica cosa che salta agli occhi è la voglia del regista di segnalarsi per l’arguzia e la ricercatezza, prodigandosi in un inutile esercizio di stile, e l’inadeguatezza di un cast che, tralasciando un paio di elementi, offre un prova poco corale e mal funzionante sullo schermo.
Difficile trovare una destinazione all’opera, che potrebbe trovare anche in Francia una fredda accoglienza, d’altronde i successi recenti d’oltralpe hanno dimostrato come le commedie che utilizzano comunque un linguaggio ricercato devono parlare al popolo con schiettezza e aderenza sociale per essere apprezzate.
In definitiva quello di Duran Cohen è un film nato per strappare arguti sorrisi, più che sonore risate, ma s’impegna troppo nel sottolinearne l’arguzia, dimostrando un modesto rispetto nei confronti della storia e del mezzo.
VOTO 31/100

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