domenica 26 ottobre 2008

III Festival di Roma - Intervista a Felicìte Wouassì e Francois Dupeyron

Da dove nasce l’idea di una commedia che toccasse tali e tanti temi di rilevanza sociale in Francia?

Francois Dupeyron: “Mi sono ispirato al vostro cinema degli anni ‘65 -’70. Ho visto I mostri e altri film come questo. Voi avevate già toccato questo tasto, in quelle pellicole parlate dei problemi sociali con grande ironia. Oggi la periferia francese, la vecchiaia e le persone di colore sono un problema sociale per la Francia. Gli si da prima un’etichetta e poi non se ne parla più. Nonostante questo io non ho voluto fare un documentario, anche perché sono un regista non un giornalista. Il punto di partenza è stato un fatto sociale presente da noi: per strada vedi donne anziane al braccio di di tutrici di colore. E queste vecchie spesso sono razziste, l’ho trovata una cosa molto intensa che potesse provocare un riso provocatorio”.

Nel film vengono utilizzate molte inquadrature dal basso, come mai?

F.D.: “Era per dare maggiore forza, non per fare un documentario. Le inquadrature dal basso danno importanza agli attori, perchè sembrano più grandi. Servono anche a dare dinamicita e spazio agli attori. Vado contro la regia accademica, mi piace innovare lo stile e metterlo al servizio del film”.

Felicite Wouassi come ha affrontato il personaggio della protagonista?

Felicite Wouassi: “Francois mi ha regalato un libro giapponese ‘Le belle addormentate’, l’ho letto e devo dire che mi ha dato tanto, mi è rimasto dentro.
Ho costruito un personaggio che passasse inosservato inizialmente, che non avesse alcuna carica sessuale, per creare così un effetto diverso al suo disvelamento della sua carne. Questo è stato il difficile nel preapararlo.
Ho preso Sonia come fosse una figura simbolica di una madre universale e così ho voluto trasemetterla”.

Felicite è il centro di gravità permanente della storia e si relaziona con diversi attori, come si è trovata?

F.W.: “La cosa più bella è stata che Francois ci ripeteva tutti i giorni: ‘Noi qua non facciamo il cinema’. A partire da lì gli attori ed io eravamo liberi di proporre e Francois si prendeva ciò che gli interessava. Alcuni attori sono per la prima volta in un film ed anche io mi sono sentita veramente libera. Mi ha ricordato il primo film della mia carriera che ho girato in Ungheria. Il regista lavorava così”.

Tommaso Ranchino

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